Spesso nel corso degli anni la sensazione che si è avuta della musica italiana nel mondo non aveva nulla a che vedere con quello che è in realtà. Nel senso che, al giorno d’oggi si vive una sostanziale dualità dei gusti, una grossa, grossissima fetta di mercato è divisa tra Vasco Rossi e Luciano Ligabue, in parti numericamente più o meno paritetiche.
Vi sono stati però anni in cui la quota di mercato discografico italiano e la percezione che se ne aveva all’estero avevano dei tratti in comune. E questi anni sono stati quelli che sono andati dal 1985 al 1995 circa in cui, il padrone assoluto del mercato discografico italiano in Italia e all’estero era un giovinotto nato ai bordi di periferia dove i tram non vanno avanti più.
Parlare di Eros Walter Luciano Ramazzotti è abbastanza impegnativo, per anni ne abbiamo avute piene le pagine dei giornali da parrucchiere ed è difficile, se non quasi impossibile trovare qualcosa da raccontare che non sia conosciuto ai più, senza voler per forza raccontare anche le leggende metropolitane che spesso accompagnano tutti i personaggi che “vendono” senza aver alcun riscontro reale.
Ma mi sembra opportuno raccontare quale sia stata l’escalation della popolarità di Eros Ramazzotti dalla sua comparsa sugli schermi televisivi di Sanremo qualche anno prima fino a questo che a tutt’oggi è il suo secondo maggiore, e quasi incredibile successo di vendite.
Eros nasce a ottobre del 1963 al Lamaro, nel quartiere di Cinecittà e fin da piccolo comincia a suonare il pianoforte e (soprattutto) la chitarra. Cerca di entrare al conservatorio, ma non vi riesce, non termina nemmeno gli studi superiori, ma comincia a scrivere canzoni finché a 18 anni non decide di iscriversi al Festival di Castrocaro che quell’anno vede in gara due colossi come Zucchero e Fiordaliso che infatti vincono, ma di lui si accorgono Roberto Galanti e il conte Lando Lanni, i fondatori della neonata casa discografica DDD che, con la mediazione di Gianni Ravera lo misero sotto contratto.
Dopo due anni in cui fa un po’ di gavetta professionale tra concorsi e serate di provincia finalmente esordisce nel 1984 al Festival di Sanremo nelle “nuove proposte” con l’arcinota Terra Promessa. Il disco avrebbe dovuto uscire in autunno, ma l’organizzazione fiuta da lontano il successo e la vittoria che ne risulta ne è la più chiara testimonianza. In quell’estate pubblica un altro singolo, Buongiorno bambina, che lo mette in rampa di lancio per il successivo Festival di Sanremo dove si presenta tra i big con Una storia importante. Non arriva la vittoria, ma è un trionfo, il singolo vende un milione di copie e fa da trailer al primo album di Eros, Cuori Agitati.
Nel 1986 vince Sanremo anche tra i big con l’universalmente conosciuta Adesso tu che anticipa il nuovo album Nuovi eroi che è un trionfo anche a livello internazionale.
Il 1987 è poi l’anno di In certi momenti dove introduce il suo primo grande duetto internazionale con Patsy Kensit (la biondina degli Eighth Wonder), un album di enorme successo, vende più di 3 milioni di copie.
Nel 1988 pubblica un progetto ambizioso, l’EP Musica è, che contiene il brano omonimo, una suite piuttosto pretenziosa, ma comunque di grande successo anche se forse non capita fino in fondo.
Dopo due anni arriva In ogni senso (tutte le canzoni dell’album contengono questa frase all’interno del testo), pubblicato in 15 nazioni, album il cui successo è pressoché planetario e che lo porta a tenere un concerto sold out anche negli USA.
Sono anche gli anni in cui comincia a viaggiare per il mondo con il suo attivismo a scopo benefico come portavoce e poi presidente (dal 1992) della Nazionale cantanti.
Quando verso la fine del 1992 entra alla Fonoprint di Bologna (al banco c’è Luca Bignardi, assistito da Tiziano Dimastrogiovanni) con la produzione di Piero Cassano e gli arrangiamenti di Celso Valli probabilmente gran parte del pubblico si aspetta un disco sulla falsariga dei precedenti, invece Eros Ramazzotti è più che mai deciso a fare un album che rimanga nella storia, o quantomeno nella memoria dei suoi fans per la produzione, per essere suonato, per essere completo come un suo album non è stato mai. Vuole fare capire che oltre a Vasco (questo album viene registrato in contemporanea nello stesso studio e con alcuni musicisti in comune a Gli spari sopra di Rossi), ai Litfiba e a Zucchero anche lui ha pezzi che “suonano” e una band in grado di girare per gli stadi della penisola e del mondo con un profilo un po’ più rock e meno pop.
Eros è autore di tutte le musiche con l’aiuto di Cassano e di tutti i testi con il fido paroliere Adelio Cogliati.
Il parco strumentisti di questo album è “da sballo”: Steve Ferrone alla batteria, Phil Palmer e Steve Farris alla chitarra, Tony Levin e Neil Stubenhaus si alternano al basso, lo stesso Celso Valli suona tutte le tastiere, ma ogni tanto c’è la manina fatata di Jai Winding, soprattutto quando si parla di organo Hammond, alle percussioni arriva dall’America Luis Conte, gli assoli di sax sono di Brandon Fields. Nutritissima è la pattuglia dei coristi: Aida Cooper, Antonella Pepe, Clydene Jackson-Edwards, Jim Gilstrap, Joe Pizzulo, Julia Waters, Luca Jurman, Myrna Matthews, Renzo Meneghinello, Ricky Nelson, Emanuela Cortesi, Moreno Ferrara, Beth Andersen, Maxi Anderson e Roy Gallaway.
Ascoltiamoci le tracce una per una, sarà bello:
- COSE DELLA VITA: Si apre con il suono lancinante della chitarra di Phil Palmer, un suono a cui non siamo ancora abituati quando si parla di musica pop italiana. La chitarra (sono almeno 5 le tracce differenti registrate da Palmer per questo brano, escluso l’assolo che ha un suono che chiamare uno tra i più “definiti” che si sia mai sentito in Italia non è certamente riduttivo), ma soprattutto la ritmica rocciosa tenuta su da Ferrone e Stubenhaus fanno la parte del leone in questo brano. L’hammond e, soprattutto, i cori danno un che di gospel al mood della canzone tanto da fare in modo che nientemeno che Tina Turner se ne innamori e decida successivamente di farne una versione in duetto con lo stesso Eros.
- A MEZZA VIA: Si rallenta molto, ma sono sempre basso (questa volta è Levin) e batteria dettare la strada. Una canzone sui dubbi se andare avanti oppure fermarsi in qualunque cosa si stia facendo una volta che si è percorso un po’ di strada, ma i risultati non arrivano… ancora. E forse c’è voglia di novità. La melodia del ritornello l’abbiamo già sentita in almeno altre tre canzoni di Ramazzotti. Il brano risulta intenso per il largo uso di chitarra che viene fatto (sempre e comunque l’ottimo Phil Palmer).
- UN’ALTRA TE: E arriva anche un brano prettamente pop, entrato in fretta nel cuore della gente come uno dei più belli dell’artista romano. Meravigliosa linea del basso disegnata dalle mani sapienti di Tony Levin.
- MEMORIE: Anche qui abbiamo armonie e melodie già sfruttate più volte da Ramazzotti. Una canzone sobria e molto lineare arricchita da un arrangiamento davvero con una classe unica, merito totale di Celso Valli, davvero dotato di una mano fatata.
- IN COMPAGNIA: Una canzone fresca con un testo adolescenziale davvero non all’altezza della situazione, senza particolari spunti. Un po’ da “ragazzi del muretto”, anche se ai tempi il Ramazzotti è decisamente sulla trentina. Bellissima anche la voce di Stefano Bozzetti che si scambia i versi con Eros.
- UN GROSSO NO: Forse la canzone con la musica più bella del disco, un gospel-blues da 10 e lode impreziosito dal piano e dall’hammond di Jai Winding, se non fosse per il testo di una pochezza imbarazzante, non dice nemmeno contro chi andrebbe detto questo grosso no. Prezioso anche l’apporto dato dalla chitarra di Steve Farris in grado di sottolineare tutti i momenti migliori della canzone dalla metà in poi.
- FAVOLA: Finalmente un testo decente, infatti preso da Hermann Hesse, racconta di come un uomo non è nato per stare da solo e non c’è nessuna felicità nel proprio egoismo. Dal punto di vista musicale non ha niente di che.
- NON C’E’ PIU’ FANTASIA: Ancora il testo è ben lontano dalla sufficienza. La parte musicale invece mostra una band che suona davvero bene, con le chitarre proverbialmente taglienti di Steve Farris.
- NOSTALSONG: Una bella canzone. Un omaggio agli anni ’50 e ’60 e alla Roma felliniana. Un mezzo blues, con un buon lavoro di Palmer, e un bel piano. Ottimo l’assolo di sax, che dura più di un minuto, senza mai annoiare. Ramazzotti canta molto bene, molto sicuro. Peccato per il testo, assolutamente inutile, anche se parole e musica si uniscono bene.
- NIENTE DI MALE: Altra canzone che non ha nulla da aggiungere. Ancora una volta la band suona… eccome!
- ESODI: Un’altra ballata al piano, anche se il testo poteva essere decisamente più profondo, con l’immagine dei giovani che se ne vanno dai paesini per andare a cercare la vita in città, vista da un anziano che resterà in paese.
- L’ULTIMA RIVOLUZIONE: Una bella canzone alla chitarra, con Palmer in gran spolvero nell’assolo. Il succo del testo non mi dispiace: per cambiare il mondo bisogna cambiare noi stessi, anche se in vari punti, purtroppo, scade nel banale.
- SILVER E MISSIE: Molto toccante, i due delfini liberati in mare aperto dalla vita “galera”, un po’ quello che vorrebbe anche Eros stesso. Splendido finale.
Oggettivamente parlando questo disco può essere considerato la fine di un capitolo (molto positivo) nella carriera di Ramazzotti che, con la separazione da Piero Cassano come co-autore perde decisamente tanta verve. Da lì comincerà il lento declino di un artista che poteva e doveva dare qualcosa di più con gli album successivi (anche se le premesse di “Dove c’è musica” erano scoppiettanti), ma che alla fine è stato stritolato dal proprio personaggio e vittima sempre più del gossip e delle vicende sentimentali che non hanno fatto altro che rovinarne l’immagine e la vena compositiva.
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