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1980 – Nero a metà – Pino Daniele – EMI Italiana

1980 – Nero a metà – Pino Daniele – EMI Italiana

Febbraio 19, 2015 Diceilsaggio 0 967

neroametà

Questo articolo è stato in scaletta tanto prima di essere pubblicato perché era in scrittura qualche giorno prima della scomparsa del cantautore, ma poi le vicende relative a Pino Daniele hanno assunto un contorno tale e talmente tragico che hanno fatto sì che allora preferii posticiparlo di un po’, perché non si dicesse che cercavo di cavalcare un’onda. Perché nella vita non c’è nessuna onda che varrebbe la pena cavalcare, nella vita ci vuole rispetto. E questo è uno di quei casi in cui si deve a un’opera il doveroso rispetto a prescindere dal fatto che l’artista che la ha creata se ne sia andato. E parlarne è tributare all’artista tutto il rispetto che sento venire dal profondo avendo avuto la fortuna di seguire negli anni, senza perderlo mai di vista, l’intera sua parabola creativa e umana.

Questo articolo era in programma già da prima perché il disco di cui vuole parlare è uno di quei dischi che sono stati oggettivamente riconosciuti come tra i più importanti dell’intera storia della musica italiana. Non a caso e non per sbaglio la rivista Rolling Stone (che è certamente una delle nostre “bibbie” preferite) lo classifica come il 17esimo più bel disco italiano di sempre. Perché stiamo parlando di un vero e proprio assoluto capolavoro della musica italiana.

Avrete senz’altro capito che vogliamo parlare di quell’immenso album che è Nero a metà, il terzo lavoro in studio da solista per Pino Daniele, l’album della svolta. Pino si è già fatto conoscere, oltre che per la carriera da musicista con i Batracomiomachia e di supporto per artisti come Jenny Sorrenti (la sorella del più famoso Alan) o i Napoli Centrale, con un paio di album di assoluto rilievo come il suo primo “Terra mia” del 1977 e il successivo “Pino Daniele” del 1979 dopo il quale, l’artista napoletano rientra immediatamente in studio per creare questo capolavoro che prende vita nell’inverno tra il 1979 e il 1980 ai gloriosi studi “Stone Castle” che avevano sede nel castello di Carimate.

A guidare con mano sicura il lavoro in studio di Pino Daniele c’è Marcello Todaro, già chitarrista del Banco del Mutuo Soccorso.

La produzione invece è affidata a Willy David, produttore romagnolo, ma trapiantato a Napoli che ha prodotto i primi cinque album di Pino Daniele.

Nero a metà è l’emblema dell’integrazione, ma non dal punto di vista prettamente demagogico. E’ integrazione razziale e culturale che solo in una città di porto come Napoli può avvenire.

Nero a metà porta una dedica ben precisa che è quella a Mario Musella, di madre napoletana e padre nativo americano, forse la più bella e perfetta voce che si sia mai avuta in Italia (mi è capitato di ascoltare alcune sue registrazioni di una bellezza imbarazzante), assieme a Demetrio Stratos. Ma idealmente “Nero a metà” porta anche una dedica speciale a James Senese, di madre napoletana e padre afroamericano, il sassofonista di Napoli Centrale con cui Pino aveva sempre voluto suonare e per cui accettò pure di suonare il basso pur di suonare con lui nella band partenopea di cui faceva parte.

Ma James Senese è convinto di avere trovato un pupillo davvero incredibilmente bravo tanto da doverlo seguire nella sua carriera solista e affiancarlo accantonando momentaneamente la propria.

E lo troviamo anche fra le tracce di questo magnifico esperimento di funky, blues e napoletanità.

Assieme a Pino Daniele che sull’album canta e suona tutte le chitarre possibili e immaginabili, troviamo appunto James Senese al sax, Gigi De Rienzo e Vito Mercurio che si alternano al basso, Agostino Marangolo e Mauro Spina alla batteria, il grande pianista funky Ernesto Vitolo suona tutti i tipi di tasti bianchi e neri, Rosario Jermano, Tony Cercola e Karl Potter alle percussioni, Bruno De Filippi all’armonica e Enzo Avitabile ai cori.

Sono passati gli anni d’oro della musica napoletana, sta lentamente tramontando il firmamento del miglior Edoardo Bennato, è passato anche Alan Sorrenti e Pino Daniele non è convinto di volere raccogliere sulle sue sole spalle l’intero scibile della musica napoletana, anzi, per il resto della sua carriera terrà sempre un rispettoso distacco da Napoli, sia nella vita che nella musicalità, pur senza perdere di vista le proprie innegabili origini. E quindi si fa carico di questa eredità bagnandola con le acque (dal lato della sponda “nera”) del Mississippi.

Nero a metà è un album, nonostante il titolo, senza mezzi termini. Una di quelle cose che ti sparano come una saetta nel pieno dell’olimpo musicale. E’ un episodio da cui non si può tornare indietro in nessuna maniera, è un album che per essere il terzo album di un artista ce lo presenta come un artista che sa perfettamente quello che vuole dire e sa perfettamente come lo vuole dire. Un artista che sa che il solco è tracciato e la direzione è quella giusta.

Procediamo quindi a scorrere le 12 meravigliose tracce di questo lavoro davvero incredibilmente bello:

  1. I SAY I’ STO CCA’: L’armonica di Bruno De Filippi apre le danze di questa canzone con una frase musicale che è rimasta scolpita per sempre nella memoria di tutti quelli che amano la musica, perché è di una bellezza, di una pulizia e di una perfezione forse uniche. La sostiene l’ostinato pianoforte di Ernesto Vitolo. La prevalenza di accordi minori ci porta in un’atmosfera malinconica sottolineata anche dal testo che parla di una sostanziale alienazione da tutto il circostante, nonostante a partire dal titolo si sostenga di essere perfettamente calati nel presente. Malinconia, quindi, nonostante il tentativo di stemperare la canzone con un contesto ritmicamente allegro.
  2. MUSICA MUSICA: Qui la fa da padrone il sax di James Senese che accompagna il pianoforte di Vitolo con le sue note stridule in odore di dodecafonia. In realtà la cosa saliente di questa canzone dal tono programmatico è la musicalità della parola “musica” ripetuta quasi all’ossessione. Una dolce ossessione musicale.
  3. QUANNO CHIOVE: La poesia, la dolcezza, la grandiosità di una canzone che di sicuro è fra le più belle cinquanta mai scritte in Italia. Una canzone in cui tutto è perfetto. Un’armonia di accordi messi in fila alla perfezione, un suono cristallino registrato in maniera superba. Un vero e proprio capolavoro. Una delle canzoni che è un peccato mortale non aver mai ascoltato.
  4. PUOZZE PASSA’ NU GUAIO: E finalmente alla quarta canzone dell’album a Pino Daniele viene in mente di ricordarci che è anche un chitarrista e non solo un cantautore in questa canzone che non è troppo originale, anzi… diciamo che ricorda platealmente la versione della canzone di Bob Marley “I shot the sheriff” rifatta da Eric Clapton (non a caso uno dei numi tutelari di Pino Daniele).
  5. VOGLIO DI PIU’: L’unica canzone interamente in italiano del disco è la più malinconica e drammatica e stabilisce delle linee guida imprescindibili per la persona e per l’artista Pino Daniele. Non accontentarsi mai, qualunque sia la fatica di perseguire le proprie idee.
  6. APPOCUNDRIA: Il Pino Daniele napoletano fa capolino in questo brevissimo intermezzo mediterraneo puro.
  7. A ME ME PIACE ‘O BLUES: Uno dei brani più “mossi” dell’album in realtà non è blues ma funky puro e semplice in odore di fusion. Il giro di basso e batteria è qualcosa di impossibile da non seguire con la testa ritmicamente. E il piano Rhodes di Ernesto Vitolo la fa da padrona. Che meraviglia, forse il brano più riuscito dell’intero disco. La frase con cui si chiude “e sona mo’” darà il titolo al secondo album dal vivo di Pino che uscirà nel 1993 (ma ne parleremo certamente più avanti).
  8. E SO’ CUNTENTO E STA’: Una bellissima canzone d’amore costruita su un giro di accordi molto simile a quello della traccia numero 3.
  9. NUN ME SCOCCIA’: Finalmente il blues da manuale si presenta fra le tracce di questo meraviglioso disco. Un giro classico su cui Pino Daniele ricama una melodia meravigliosa. Bellissimo l’assolo con il talk box.
  10. ALLERIA: Un vero e proprio capolavoro in cui il jazz di migliore fattura incontra le progressioni di accordi tanto care a Pino Daniele. Il bellissimo pianoforte di Vitolo è lì in primo piano capace di accordi di una sensibilità difficilmente riscontrabile in Italia. Fantastica.
  11. A TESTA IN GIU’: E alla penultima traccia, assieme al ritorno di qualcosa dalle sonorità un po’ funky, arriva anche la canzone che contiene il verso che dà il titolo all’intero album.
  12. SOTTO ‘O SOLE: Ritmi e sonorità sudamericane per concludere questa bellissima cavalcata in tutta quella che è la sapienza compositiva del grande artista napoletano.

Un bellissimo episodio, uno dei dischi più belli e completi che io abbia mai ascoltato, e anche uno, come tutti i capolavori, dei dischi che meno risentono del tempo passato.

Davvero imperdibile.

Alla prossima.

neroametaback

1980Agostino MarangoloBob MarleyBruno De FilippiEnzo AvitabileEric ClaptonErnesto VitoloGigi De RienzoJames SeneseJenny SorrentiKarl PotterMarcello TodaroMario MusellaMauro SpinaPino DanieleRosario JermanoTony CercolaVito MercurioWilly David
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