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1978 – Sotto il segno dei pesci – Antonello Venditti – Philips

1978 – Sotto il segno dei pesci – Antonello Venditti – Philips

Gennaio 12, 2015 Diceilsaggio 0 1155

 

vendittifront

Affrontiamo oggi un compito un po’ arduo, quello di parlare di un disco che ha più di 35 anni e che, come è ovvio, risente tantissimo dell’ingiuria degli anni risultando oggi molto datato, anche perché era, ai tempi, un disco profondamente radicato in un contesto storico molto preciso.

Era il 1978, il periodo più nero per l’Italia repubblicana, un periodo di stragi, di ammazzamenti vari, gli anni di piombo, anche il sottoscritto se ripensa a quei giorni vede ben poca luce, ricorda malvolentieri, ma quello che ricorda più nitidamente è un’atmosfera tutt’altro che piacevole.

E proprio in questi anni Antonio Venditti, detto Antonello, classe 1949, figlio di un vice-prefetto e di un’insegnante di latino e greco, cresciuto musicalmente come moltissimi a quei tempi nella penombra del Folkstudio di Giancarlo Cesaroni, muoveva i primi passi nella discografia che conta, fino a fare uscire il suo settimo album in studio (il sesto da solo, visto che Theorius Campus, l’album di esordio è in “comproprietà”, una facciata a testa, con l’amico di sempre Francesco De Gregori).

E proprio Francesco De Gregori è il destinatario di questo disco, quel Francesco De Gregori amico di infanzia e compagno delle prime scorrerie socio/musicali di Venditti, quel Francesco De Gregori che aveva sciacquato gli stracci sporchi in pubblico dedicando tante invettive lanciate al vecchio amico definendolo “pianista di Piano Bar” (perché suonava a pagamento finché il committente voleva) oppure “il bastardo” in “Quattro cani”, salvo poi pentirsene e chiedergli scusa dedicandogli l’intera “La donna cannone”.

E quello di cui ci accingiamo a parlare è per Venditti l’album del successo definitivo, il primo dopo che Antonello è passato dalla RCA alla Philips. Un album bellissimo, molto impegnato ed introspettivo, molto cupo, proprio come l’atmosfera degli anni di piombo da cui scaturisce. Ed è l’album che inaugura la sua crisi personale e sentimentale, con la crisi del matrimonio con Simona Izzo (che gli ha dato l’adorato figlio Francesco Saverio) e che sfocerà nella separazione l’anno dopo, proprio mentre Antonello sta registrando Buona Domenica, l’album successivo, ma questa avrà modo di essere un’altra storia da raccontare.

Antonello guida con il suo pianoforte tutte e otto le tracce di questo disco e a fargli da “amici intorno al fuoco” ritrova gli Stradaperta, una band romana molto in voga ai tempi, composta da Renato Bartolini alla chitarra acustica, da Rodolfo Lamorgese alla chitarra 12 corde, da Marco Vannozzi al basso e da Claudio Prosperini alla chitarra elettrica. In più sul disco suonano la chitarra classica di Andrea Carpi, il sax di Marco Valentini, la poderosa batteria di Marcello Vento, il violino di Carlo Siliotto, le percussioni di Pablo Romero e, per un tocco un po’ progressive ci sono anche i sintetizzatori ed il mellotron di Claudio Simonetti dei Goblin.

L’album viene prodotto da Michelangelo Romano, che aveva portato Antonello Venditti dalla RCA alla Philips. L’artista scrive tutti i testi e le musiche e cura tutti gli arrangiamenti, tranne quelli di “Francesco”, che è un brano un po’ più orchestrale degli altri. Il disco viene registrato da Gaetano Ria ai mitici Trafalgar Studios di Roma (che ai tempi avevano aperto da un anno) che rimarranno la “casa” di Antonello Venditti fino alla metà degli anni ’80 quando Antonello costruirà il suo mega-studio in casa per produrre i suoi album senza muoversi di un millimetro dalle mura amiche. Ma per alcune registrazioni Venditti si sposta a Londra ai Marquee Studios (gli studi creati per i musicisti che hanno bisogno di provare gli spettacoli che poi si terranno nel notissimo locale, chiuso da anni) con la guida di Tim Painter (fonico residente degli studi londinesi, nonché fonico di fiducia di Tina Turner, mica frottole…).

Durante le sessioni di registrazione di questo album in realtà Antonello Venditti registra 9 canzoni. Otto di queste finiscono su questo disco, mentre una, “Italia”, Venditti la mette nel cassetto, perché è una canzone di scanzonata denuncia e la reputa un po’ pericolosa per il periodo salvo poi riproporla sull’album del 1982 “Sotto la pioggia”, nell’estate “mundial” (la canzone è cantata in un italiano un po’ spagnoleggiante, o in uno spagnolo molto italianeggiante).

L’album, come era stato programmato, viene pubblicato nello stesso giorno del compleanno dell’artista (l’8 Marzo), ma non vivrà da subito sotto una buona stella, dato che pochi giorni dopo l’Italia vivrà l’incubo del rapimento e poi dell’uccisione di Aldo Moro.

Ha comunque un successo strepitoso e secondo l’autorevole rivista musicale Rolling Stone è uno dei 100 album italiani più belli di sempre.

Passiamo alla consueta analisi delle tracce:

  1. SOTTO IL SEGNO DEI PESCI: E’ la prima traccia dell’album ed anche il primo singolo a essere pubblicato. L’intro maestoso di pianoforte è riconoscibilissimo ed è incastonato come una perla nella memoria collettiva. La progressione degli accordi (Do – Sol – Fa – Sol – Do) viene dagli Who e va verso Vasco Rossi che ne abuserà negli anni scrivendoci praticamente tutti i suoi grandi successi. Il testo è una risposta a chi lo aveva accusato di essersi “disimpegnato”, e cita a testimone un’intera generazione, la sua, che è passata dall’idealismo del ’68 alla disillusione degli anni di piombo e al cercare di portare a casa la giornata, anche andando contro i propri ideali, in una sorta di reflusso, come se tutto l’ideale fosse venuto a schifo. Marina e Giovanni sono personaggi realmente esistenti, nulla di immaginario, Venditti è sempre molto presente a se stesso.
  2. FRANCESCO: Questo arpeggio di pianoforte è il marchio che Venditti userà ancora tante volte, come per esempio in “Notte prima degli esami”. Una canzone molto intimistica, nonostante sveli pubblicamente un sentimento. Quello verso l’amico De Gregori, a cui Antonello chiede scusa per qualunque cosa possa avergli fatto tanto da generare tanta rabbia in lui. Chiede scusa e chiede di tornare indietro, di suonare insieme l’ultima volta, e poi da cosa può nascere cosa. Lo stesso tema di pianoforte verrà poi utilizzato anche dallo stesso De Gregori per “La donna cannone”, che dedicò appunto a Venditti, quasi come se avesse accettato le scuse. L’unica canzone del disco che Venditti non ha arrangiato in prima persona.
  3. BOMBA O NON BOMBA: Il secondo singolo estratto dall’album, anche se non ha ripetuto il successo quasi universale del primo. Anche questa canzone è dedicata in maniera molto diretta a De Gregori, in quanto ritrascrive idealmente la strada percorsa dai due (Un pianoforte e una chitarra e molta fantasia) verso la definitiva affermazione rappresentata metaforicamente col viaggio dalla provincialità (rappresentata da Bologna) verso il successo (rappresentato da Roma).
  4. CHEN IL CINESE: Personalissima rivisitazione in chiave pianistica di Scarborough Fair, il brano tradizionale inglese a cui hanno dato gloria internazionale Paul Simon e Art Garfunkel. Qui parla di un piccolo spacciatore di droghe leggere incapace di nuocere, ma fatto fuori dai grossi spacciatori del giro delle droghe pesanti.
  5. SARA: Nonostante sia solo il lato B del primo singolo estratto dall’album è forse la canzone che più è rimasta nell’immaginario collettivo. Perché ai tempi narrava un tema abbastanza scottante, cioè la storia di un’adolescente liceale messa incinta da un più adulto e ipocrita (“se avessi i soldi ti porterei ogni giorno al mare, se avessi tempo ti porterei ogni giorno a far l’amore”) studente universitario che sembra fregarsene di ciò che ha fatto e più che deciso a disimpegnarsi dalla questione (“mi devo laureare, ma forse un giorno ti sposerò”, “tu non sei più sola, il TUO amore gli basterà, il TUO bambino, se ci credi nascerà”).
  6. IL TELEGIORNALE: Un giro “a canone” di pianoforte che presenta armonie a dir poco azzardate, ma che comunque suonano bene insieme. La canzone che a tutt’oggi risulta la meno datata dell’album. Infatti… chi può dire che da allora è cambiato qualcosa?
  7. GIULIA: Altro tema “scottante”. Parla di una ragazza più “libera”, più femminista, più radicale, più intelligente della media, più “grande”, “diversa”, tanto che riesce ad intrattenere un legame amichevole con altre ragazze, tale da far supporre alla voce del narrante che vi sia di più e da portarlo ad implorarla di non portare via da lui la sua donna. E’ il brano più progressive dell’album, non per niente dopo la parte cantata lascia gran parte della durata ad una suite musicale guidata prima dal piano di Venditti e poi dal violino di Siliotto.
  8. L’UOMO FALCO: Nonostante il testo non lo riveli esplicitamente si parla con ogni probabilità di Giulio Andreotti, attraverso la metafora del rapace che sa sempre quando nascondersi e quando palesarsi per piazzare la zampata se serve. Venditti, pur mantenendosi nei limiti dell’ironia scanzonata dà comunque un giudizio molto deciso del personaggio, attraverso un insulto che inserito nel 1978 in una canzone era qualcosa di abbastanza “sovversivo”, soprattutto legato ad una personalità così in alto.

E’ stato un piacere riassaporare queste tracce, che mi hanno fatto tornare alla mia infanzia, a quando pensavo che avrei scritto canzoni pure io. E tutto questo grazie a questo album, uno dei primi che capitarono in casa mia, e grazie a tutta la carriera di Venditti, artista che ho sentito sempre molto vicino alla mia sensibilità.

L’album, è inutile dirlo, è una di quelle cose che non si può non avere e non aver mai ascoltato.

Alla prossima.

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Andrea CarpiAntonello VendittiArt GarfunkelCarlo SiliottoClaudio ProsperiniClaudio SimonettiFrancesco De GregoriGaetano RiaGiancarlo CesaroniMarcello VentoMarco ValentiniMarco VannozziMichelangelo RomanoPablo RomeroPaul SimonRenato BartoliniRodolfo LamorgeseSimona IzzoTim Painter
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