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1973 – Selling England by the pound – Genesis – Charisma

1973 – Selling England by the pound – Genesis – Charisma

Gennaio 2, 2015 Diceilsaggio 1 1283

sebtp

Parlare di un album come Selling England by The Pound mi fa tornare in pochi attimi alla mia infanzia, perché questo era “il disco” più suonato dagli impianti audio di casa durante il mio periodo spensierato e la sua influenza è certamente fortissima su di me, dal punto di vista del musicista e dal punto di vista dell’ascoltatore. Da lì in poi ho imparato a “cercare” certe cose nelle decine di migliaia di dischi che si sono negli anni accumulate sui miei scaffali.

Il titolo dell’album (che in italiano può essere tradotto “vendendo l’Inghilterra un tanto al chilo”) è un verso del brano di apertura ”Dancing With The Moonlit Knight”. Peter Gabriel, che ha scritto i versi della canzone pare lo abbia preso da un manifesto del Partito Laburista, che intendeva denunciare una certa “distanza” tra la severità con cui gli Inglesi consideravano ai tempi il proprio patrimonio culturale e politico e l’effettiva esistenza di questi valori alla prova dei fatti. L’ipocrisia dell’establishment inglese e un sostanziale senso di vuoto sono i sentimenti principali delle tematiche dei testi e pervadono tutto l’album.

I riferimenti culturali nei testi nonostante questi ultimi possano sembrare decisamente attuali, affondano le proprie radici specialmente nel folklore e nella storia inglesi, e inoltre sono intrisi, ancor più che negli album precedenti, di giochi di parole e neologismi, spesso difficilmente traducibili, che costituiscono un tratto distintivo della poetica dei Genesis di quel periodo e di Peter Gabriel in special modo.

Dal punto di vista musicale, l’album prosegue lo schema già tracciato negli album precedenti nel tipico stile del periodo: ci sono canzoni dal tipico sapore radiofonico e canzoni più strutturate con lunghe digressioni strumentali, nel tipico schema del rock progressive dei primi anni ‘70.

I Genesis, ancora in 5 (il già citato Gabriel alla voce, Steve Hackett alla chitarra, Mike Rutherford al basso, Tony Banks alle tastiere e Phil Collins alla batteria) registrarono questo album durante lunghe sessioni agli Island Studios di Londra (più avanti negli anni divennero famosi come Sarm Studios, e furono la location in cui venne effettuata la session di registrazione corale di “Do they know it’s Christmas?”) producendolo in proprio, in collaborazione con John Burns produttore famosissimo ai tempi per avere creato il suono prog dei Jethro Tull, ma piuttosto noto anche nel mondo reggae.

Questo album fu il primo di una serie di album dei Genesis a riportare, sulla copertina dell’edizione italiana, la traduzione in italiano dei testi curata dal giornalista e fotografo Armando Gallo, la cui collaborazione coi Genesis durò, con la stessa mansione fino a Duke nel 1980

I Genesis a quei tempi sono un gruppo di grande successo e possono permettersi studi e strumentazioni assolutamente all’avanguardia. Il tastierista e pianista Tony Banks è uno tra i primi ad usare il Mellotron M400, una sorta di antenato dei campionatori, una tastiera ad ognuno dei tasti della quale è collegato un nastro magnetico su cui puoi incidere quello che vuoi.

Ma oltre che essere una band di grande successo i Genesis sono composti da veri virtuosi dello strumento: se dell’immensità di Peter Gabriel tutti sanno tutto, Phil Collins è unanimemente tuttora considerato uno dei più grandi batteristi di tutti i tempi, Steve Hackett usa antesignanamente tecniche molto innovative come il “tapping” (poi fatto diventare un’arte da “funamboli” come Eddie Van Halen e Steve Vai almeno 10 anni dopo) e lo “sweep-picking”, lo stesso Tony Banks è un dotatissimo pianista oltre che essere un vero maestro nella ricerca del suono giusto.

Partiamo quindi con l’analisi delle tracce di questo che fu largamente l’album di maggior successo commerciale dei Genesis durante la fortunata ed indimenticabile permanenza di Peter Gabriel all’interno della band.

  1. DANCING WITH THE MOONLIT KNIGHT: Il brano di apertura inizia con la voce a cappella di Peter Gabriel e progressivamente aumenta di intensità e di andamento fino a diventare un vero e proprio rock progressive. I cambi di ritmo, il coro polifonico che sottolinea le parti salienti nella parte centrale della canzone, la suite strumentale prima della seconda parte cantata. Nulla è fuori posto, una sapienza compositiva al massimo livello. 8 minuti indimenticabili. Pur non essendo questo un concept album il tema di questa canzone verrà ripreso poi nell’ultima traccia.
  2. I KNOW WHAT I LIKE (IN YOUR WARDROBE): Il singolo di questo album è una ballata molto “radiofonica” con suoni esotici e solo in piccola parte psichedelici. Curiosità dietro alla stesura di questo brano che fu quello che determinò la rottura tra Peter Gabriel e i Genesis. Durante le registrazioni di questa canzone Peter Gabriel cercò di sovrapporre il suono di un’altra tastiera a quelle già esistenti. Quando Banks se ne accorse reagì in maniera stizzita, opponendo al cantante che l’unico tastierista della band era lui, ed invitandolo a limitarsi a cantare e comporre.
  3. FIRTH OF FIFTH: Il titolo è un gioco di parole intraducibile. Fa riferimento al “Firth of Forth” il fiordo su cui sorge Edimburgo, ma gioca sull’assonanza tra forth e fourth (quarto). Il celeberrimo e complesso intro di pianoforte fu composto da Tony Banks in gioventù e venne in seguito riproposto nella sua versione definitiva dopo essere stato unito ad un’idea di Peter Gabriel e sviluppato definitivamente da Mike Rutherford e dallo stesso Banks. Più tardi Banks ebbe modo di rinnegare più volte questo brano. Nella parte centrale fanno bello sfoggio i tre assoli: Gabriel al flauto, Banks al pianoforte e poi al moog introducono il meraviglioso assolo di chitarra di Steve Hackett, un vero capolavoro di liricità. Quasi dieci minuti di durata, ma è solo il terzo brano più lungo dell’album.
  4. MORE FOOL ME: La canzone meno “costruita” e complessa dell’album, sembra quasi non farne parte. Una ballata d’amore per chitarra e voce sole. A maggior ragione la non appartenenza al contesto viene sottolineata dal fatto che è l’unico brano del disco cantato da Phil Collins.
  5. THE BATTLE OF EPPING FOREST: Il brano più lungo dell’album si apre con una cadenza marziale. Il brano prende spunto da una regolamento di conti da parte di due bande rivali della periferia londinese. Le due bande si scontrarono a causa, come sempre accade, di un confine che sembra non essere stato rispettato dalla banda rivale. La scena è descritta in maniera piuttosto divertita, immaginando lo scontro come una battaglia e facendo uso di numerosi doppi sensi. La canzone descrive sì lo scontro tra le bande, ma anche contemporaneamente alcuni dei personaggi, come ad esempio l’ex-reverendo corrotto e sessuomane oppure Roy che distribuisce il thè come se fosse un picnic. La canzone è quella che forse risente di più del peso dell’età.
  6. AFTER THE ORDEAL: L’unica traccia interamente strumentale del disco in cui fa bella mostra di sé il pianoforte elettrico Yamaha CP70 di Tony Banks.
  7. THE CINEMA SHOW: Uno dei brani più famosi dei Genesis composto di due parti ben distinte, una più acustica e prog che canta la storia di due moderni Romeo e Giulietta e di Tiresia (quasi a voler incrociare William Shakespeare e Thomas Stearns Eliot) ed una strumentale (famosissima) in 7/8 dominata dalle tastiere di Tony Banks.
  8. AISLE OF PLENTY: Come detto precedentemente si riprende il tema di apertura dell’album a voler creare la chiusura del cerchio, quasi a volere dare artificialmente l’idea di un concept album.

Come già detto si tratta di un album che io amo sconfinatamente, ma che, ad un’attenta analisi contiene tutte le tracce del malcontento che stava minando la band a quei tempi.

Peter Gabriel è dotato di un talento troppo cristallino per essere rinchiuso nelle logiche di una band, deve potere fare tutto come vuole lui e questo lo porta di lì a poco all’uscita dai Genesis per affrontare una fortunatissima carriera solista. Il che però non ha negato ai rimanenti componenti di avere loro stessi una fortunatissima carriera sia come band che come solisti a loro volta.

Ma questa è un’altra storia che affronteremo a tempo debito.

Alla prossima.

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Armando GallodischiGenesisJohn BurnsMike RutherfordmusicaPeter GabrielPhil CollinsProgressiveRockSteve HackettTony Banks
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Marco Tedeschi
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1 Comment

  1. Andrea Carri | Reply

    Quanto amo questo disco! Una cosa che mi ha sempre stupito è l’età al quale è stato composto! I Genesis fin da giovani hanno scritto robe strabilianti… Per poi inventarsi nuovi generi sia con Collins che Gabriel solista. Per la loro genialità li reputo una delle più grandi band di tutti i tempi. Bell’articolo !

    08:23:11 , Marzo 5, 2015

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